La battaglia di Lombardello (1674)

Per molto tempo quella che viene ricordata come la rivolta antispagnola di Messina degli anni 1674-78, fu definita a torto una normale ribellione di una parte della nobiltà locale che aveva inalberato il vessillo della ribellione per difendere i molteplici privilegi di cui godeva la città dello stretto, niente più che una gretta e arida lotta di campanile legata ad un passato, per la maggior parte inventato e per il quale il ceto dirigente messinese pretendeva favoritismi e particolarità a discapito delle altre città del Regno. Su questo giudizio pesò molto il parere dei primi studiosi che si interessarono degli eventi.

      Solo di recente, la storiografia ha iniziato ad approfondire gli avvenimenti e, soprattutto i contesti dentro i quali si svolsero e si innescarono i fatti di quegli anni terribili portando alla luce una ben più complessa ed articolata realtà. La relazione presentata al III Convegno Sicilia Millenaria di Messina e Rometta nel novembre 2019 dallo scrivente e pubblicata nel volume degli Atti, descrive una Messina nel momento dello scoppio, in preda alle violenze delle due fazioni, quella dei Merli filospagnoli e quella dei Marvizzi, partigiani del senato. I primi si trovarono schierati a difesa degli interessi della Corona di Spagna che a sua volta premeva per un ridimensionamento delle esenzioni fiscali godute da Messina e di alcune esclusive prerogative del Senato, mentre i secondi miravano ad una difficile politica di espansione economica delle attività commerciali grazie alle eccezionali opportunità offerti dallo scalo portuale. Le numerose leggi speciali e le esenzioni (privilegi) avevano permesso ad una intraprendente aristocrazia di costruire, intorno al porto della falce, una fitta rete di attrattori commerciali e fiscali che rendevano appetibili l’approdare per il sicuro e buon profitto che qui si poteva fare.

       La reazione del partito dei Senatori fu terribile. I messinesi, amici del governatore e del vicerè spagnolo, furono dichiarati traditori della patria cittadina e condannati a morte. Linciaggi, decapitazioni ed impiccagioni riempirono le cronache dei primi giorni costringendo la guarnigione spagnola a presidio dei forti cittadini (Gonzaga, SS. Salvatore, Matagrifoni e Castel Reale) e del palazzo reale a sloggiare avendo colpevolmente sottovalutato i segnali premonitori della decisa reazione messinese. Sottovalutazione che le armi spagnoli pagarono a caro prezzo sulle alture dei peloritani, quando, pochi giorni dopo lo scoppio della rivolta, un centinaio di civili messinesi armati, guidati da Tommaso Crisafi, cavaliere della Stella, tenne testa ad un intero battaglione di fanteria spagnola, composto da napoletani, milanesi, siciliani e borgognoni battuti in quella che è passata alla storia come la battaglia di Lombardello (o Imbardello)