Nel 1038, i bizantini, mai rassegnati della perdita della Sicilia, organizzano una nuova campagna militare affidata al generale, Giorgio Maniace. Sbarcato a Messina, presso capo Peloro, con un esercito composto da Russi, Scandinavi (Vichinghi), Italiani di Puglia e di Calabria e con un contingente di cavalieri normanni inviatogli dal principe di Salerno, viene subito affrontato dalla guarnigione della città che, uscita fuori dalle mura, impavida si scaglia sulle schiere avversarie. Grazie soprattutto all’intervento risolutivo dei cavalieri normanni, guidati da Guglielmo d’Altavilla, gli arabi vengono annientati consegnando a Maniace la città dello Stretto. Le fonti ci fanno intendere, come ipotizza l’Amari , che questo primo scontro sia avvenuto fra avanguardie e che il grosso dell’esercito arabo sia posizionato in realtà sui colli peloritani, proprio vicino alla loro base principale, Rometta, in posizione dominante, pronto a rigettare in mare gli invasori. Maniace li affronta con audacia, appiccando una sanguinosa battaglia in prossimità dei passi montani e li sbaraglia: «[…]in Siciliam appulit Georgius Maniaces […] conflictum ad locum cui Remata nomen, et victa carthaginenses, eorumque tanta edita strages ut sanguine profluens inundaret» . Lo scontro con molta probabilità si svolge presso il passo di Croce Cumia per allargarsi subito su tutta la dorsale peloritana circostante.
Anche se nulla ci dicono gli scritti sulle sorti di Rometta, è facile ipotizzare che questa sia stata occupata dalle truppe bizantine e che il suo nome rientri tra il novero dei tredici castelli e città temporaneamente conquistati dalla breve avventura siciliana di Giorgio Maniace. Sospettato di tradimento, il generale è rimosso dal comando proprio mentre gli Arabi ritornano vittoriosamente alla controffensiva annullando totalmente le conquiste tanto faticosamente ottenute nei due anni precedenti. L’impresa militare di Maniace è entrata a far parte delle saghe nordiche europee attraverso le gesta giovanili di Harald Hardrada (lo Spietato), fondatore della città di Oslo, che dal 1046 al 1066 diventerà re di Norvegia (Harald III Sigurdsson della dinastia Hårfagreætten), che secondo la leggenda combatte nelle file dell’esercito bizantino assieme ad altri conterranei nella battaglia dei passi peloritani e di conseguenza entra vittorioso nella roccaforte romettese, a fianco del Maniace e del normanno Guglielmo “braccio di ferro”. Harald viene considerato dai Norvegesi come l’ultimo vero vichingo che si possa fregiare di questo “prestigioso” e nello stesso tempo “terribile” nome.
(Estratto della relazione di Piero Gazzara presentata nel novembre 2018 al Convegno di Studi Immagini, Scritture, Pietre: territorio e identità nella storia di Sicilia, tenutosi in Messina e Furnari)