L’imprendibile Rometta

l’assedio famoso di questo nido d’aquila costituisce una delle pagine più gloriose della Storia di questa grande isola del decimo secolo (Paris 1890)

Ieri, 5 maggio, cadeva l’anniversario di uno degli eventi più gloriosi del passato di Rometta accaduto nel lontano 965. A Parigi, nel 1890, quando ancora non si erano spenti i clamori dell’Exposition Universelle, viene pubblicato un monumentale studio sull’Impero Bizantino che dedica alla coraggiosa resistenza, opposta al lungo assedio di Rometta, durato ventuno mesi, una delle pagine più belle mai scritte. La parola allo storico francese.

Taormina soccombe definitivamente il 24 dicembre 962, dopo più di sette mesi di terribile assedio. La Sicilia intera si trova di fatto in mano degli Arabi-berberi, con l’unica eccezione “d’une petite cité de la région orientale” l’imprendibile Rometta, e l’assedio cui fu sottoposta questo “nid d’aigle” (nido d’aquila) costituisce una delle pagine più gloriose della storia di questa grande isola nel decimo secolo. Questa fortezza quasi inaccessibile, persa tra le montagne dell’estrema punta nord-orientale della Sicilia, a una certa distanza dal ponente di Messina con cui comunica solo con sentieri selvaggi e ripidi, rappresenta in quell’epoca l’ultima rappresentante di quei comuni coraggiosi e orgogliosi, dei Greci indipendenti della Sicilia. Rametta era quindi simile ad una grande isola (enclave), una delle più famose di questo secolo, l’ultimo rifugio dell’indipendenza greca, suprema acropoli per la sua difesa, annegata nel mezzo delle terre musulmane, difesa da un grande presidio (popolazione), determinato, animato dalla forza della disperazione. Gli assedi subiti da questa città, le battaglie combattute sotto le sue mura appaiono su ogni pagina della storia della prima metà del X secolo in Sicilia.

Rometta (ME)

Abbiamo pochissime informazioni al riguardo del lungo e glorioso periodo dell’assedio ma siamo certi che mai città si difese con un valore più ammirevole per un così lungo tempo: ventuno mesi in cui gli assedianti erano in numero infinitamente maggiore dei romettesi”.

All’alba del 25 ottobre 964, fra la spiaggia tirrenica e la roccaforte assediata (probabilmente in contrada Mazzabruno), avvenne una sanguinosa battaglia. Il resoconto dello scontro rivive nelle pagine delle cronache medioevali di arabi e greci che ci hanno tramandato il fatto d’arme con dovizia di particolari. L’armata bizantina, forte di 40.000 uomini, inviata nell’isola da Costantinopoli per spezzare l’assedio arabo su Rometta e riconquistare all’impero la Sicilia, impegnò l’esercito assediante con impeto e con cariche di cavalleria. Ma gli arabi, sebbene inferiori di numero, riuscirono a fermare l’avanzata degli avversari ed incitati dal proprio condottiero, ibn- Ammar, costrinsero i bizantini alla fuga. Al termine della battaglia, oltre diecimila soldati di Bisanzio giacevano morti sul campo mentre il resto fu tratto prigioniero. Si narra che sul campo fu trovata una spada appartenuta al profeta dell’Islam, Maometto che era stata catturata dai bizantini in una precedente battaglia.

Ricostruzione della spada della battaglia di Rometta conservata nel Municipio.

Tra questi – riprende lo storico francese – “fu trovata un’ammirevole spada una volta forgiata dai musulmani in Siria. Sulla lama di questa venerabile spada correva un’antica scritta in caratteri kufici: arma forgiata in metallo indiano pesa 160 miskál (e) ha colpito bene con duri colpi sotto gli occhi di Maometto, profeta di Dio, su cui pace e benedizione divina riposano. Questa preziosa reliquia delle prime battaglie dell’Islam, miracolosamente trovata sul campo di Rometta, fu inviata al Califfo d’Africa assieme ad altri trofei importanti: belle armature di ferro e di maglie, armi cesellate, e un gran numero di teste decapitate appartenute ai mercenari vichinghi ed armeni. Bizzarro destino di questi avventurieri provenienti dalle rive ghiacciate del Dnièper o dalle pendici innevate del mitico Ararat, entrati al servizio dell’Impero di Bisanzio e adesso finiti ad ornare giardini e palazzi di Kairouan e Mehedia, città africane della stessa regione dove una volta c’era Cartagine.”

L’assedio a Rometta continuò sino al maggio successivo, quando, ormai, i difensori, senza alcuna speranza di ulteriori aiuti da Costantinopoli, stremati dalla fame e dai continui assalti portati dagli assedianti, inviarono fuori dalle mura le donne, i bambini e gli anziani superstiti che furono accolti nel campo nemico. All’alba del 5 maggio del 965, gli Arabi, dopo aver offerto ripetutamente la resa ai guerrieri romettesi e ricevutone da questi il rifiuto, sferrarono l’attacco decisivo alle mura di Rometta con tutte le loro forze. I pochi difensori li accolsero con le armi in pugno. Si combatté fino a notte quando i difensori caddero tutti, ad uno ad uno, combattendo. E fu allora che le truppe berbere “si riversarono dentro la città che li aveva fermati valorosamente per così lungo tempo. Donne e bambini erano riservati alla schiavitù. Grande bottino fu trovato nelle chiese e nelle abitazioni. Dopo un anno e mezzo, il condottiero musulmano, Ibn Ammar, lasciò nella città conquistata una colonia di soldati musulmani e si ritirò a Palermo con le sue truppe vittoriose con il ricordo di questi luoghi dove avevano incontrato una così forte resistenza che non doveva essere dimenticata: mai popolazione aveva lottato con glorioso accanimento fino all’ultimo”.

Piero Gazzara